Non accenna ad arrestarsi la nuova primavera di Valentino, il noto marchio della moda italiana, acquistato dal Qatar per 700 milioni nel 2011 e oggi in grado di vantare un valore di (almeno) 1,2 miliardi.
Il board della società ha recentemente approvato i risultati del 2013 (che verranno sottoposti all’assemblea dei soci in aprile), evidenziando un fatturato di quasi 500 milioni di euro, in incremento del 25% rispetto all’anno precedente.
Il conto economico riclassificato evidenzia altresì un Ebitda (margine operativo lordo) di 65 milioni di euro, quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto si è fermato a 17 milioni di euro. Un utile “pulito” – come ricorda l’amministratore delegato Stefano Sassi – considerato che il profitto conseguito nel 2012 era stato influenzato da componenti straordinarie. E per il 2014? Il manager del gruppo della moda dice di attendersi la conferma dei trend passati, con spinta propulsiva di quanto di buono è stato realizzato nel 2013.
Lo scorso anno il gruppo ha infatti investito in aperture di negozi e nel rifacimento dei punti vendita (spendendo 100 milioni di euro), e nel 2014 tali similari investimenti dovrebbero toccare quota 120 – 130 milioni di euro. La strategia di Valentino condurrà la società ad aprire negozi più grandi e lussuosi (2 mila metri quadri sulla Quinta Strada a New York, altri 2 mila a Roma, in Piazza di Spagna, e così via), unendo la valenza commerciale a quella strategica.
A sorridere più di tutti è probabilmente il Qatar, che nel 2011 per acquistare il 100% di Valentino, e superare la concorrenza di Renzo Rosso, Gildo Zegna e altri concorrenti, aveva posto sul piatto 700 milioni di euro, 18 volte l’Ebitda di gruppo. Oggi il gruppo vale intorno a 1,2 miliardi di euro, e la strada non sembra essere terminata.
Commercialmente, Valentino ha ottenuto la metà dei ricavi da accessori, borse e scarpe (209,1 milioni di euro, 80 milioni di euro in più del 2012), mentre cresce, di ritmo inferiore, anche l’abbigliamento prima linea (143,4 milioni di euro). Per quanto attiene i mercati, il vecchio Continente pesa per il 40% dl fatturato, gli Stati Uniti per il 22,8%, l’Asia Pacifico per il 22,3%, il Brasile per il 5,3%.