Il Made in Italy è tra i “brand” Paese più gettonati al mondo. Tuttavia, nonostante la crescita delle esportazioni italiane nel mondo sia una realtà oramai consolidata, l’impressone è che le aziende tricolori commercino con l’estero molto meno delle loro reali potenzialità, ma che non riescano a sfruttare la piena potenza dalla macchina Export a causa dei gap strutturali sofferti.
Non è un caso che, proprio poche settimane fa, l’Area Agricoltura e Industria Alimentare di Nomisma si sia domandata come mai, se il Made in Italy è così celebre, apprezzato e richiesto, l’Italia esporti la metà di quanto fa la Germania.
Ebbene, Nomisma spiega come i tedeschi, pur non potendo far leva su una distintività analoga a quella del Made in Italy, abbiamo la possibilità di puntare con maggiore facilità sull’efficienza e sulla competitività, con una propensione all’export del settore alimentare che supera il 30%, contro il 20% dell’Italia, e con valori assoluti che parlano di 55 miliardi di euro per la Germania, e di 26 miliardi di euro per l’Italia (superata, in questa speciale classifica, anche dalla Francia con 42 miliardi di euro, e tallonata dalla Spagna con 22 miliardi).
Scendendo in profondità settoriali scopriamo, ad esempio, che nel 2012 sono stati esportati 2 miliardi di euro di formaggi contro i 3,5 miliardi di euro dei formaggi tedeschi, e con prezzo medio italiano all’export pari a 6,6 euro per kg, contro i 3,1 euro per kg dei tedeschi. Discorso ancor più netto per la cioccolata, con export a 1,3 miliardi di euro contro i 3,6 miliardi della Germania, e prezzo medio di 5 euro per kg contro i 3,8 euro per kg della Germania.
Insomma, secondo l’associazione di studi economici, la Germania esporta di più non tanto perché il Made in Italy non sarebbe all’altezza qualitativo, ma perché le aziende tedesche sono più competitive e non hanno gap strutturali come la ridotta dimensione delle aziende nostrane, o la penalizzazione di costi energetici e di trasporto molto elevati.