Evasione fiscale, un euro su quattro è nascosto al Fisco

fisco-litiSecondo quanto afferma la Guardia di Finanza in un suo recente osservatorio, su quattro euro generati dall’economia italiana, uno non riesce ad essere monitorato dal Fisco. Ne consegue che ogni anno mancano tra i 100 e i 120 miliardi di euro all’applicazione fiscale, generando uno dei fenomeni evasivi più drammatici di tutta l’Europa e il mondo occidentale.

Sempre secondo quanto affermano le stime prodotte dall’elaborazione incrociata IstatBankitalia, inoltre, negli ultimi tre decenni la gravità del problema si è quasi triplicata, con un peso dell’evasione sul Pil italiano pari all’8 per cento, rispetto a un livello inferiore al 4 per cento riscontrabile nei Paesi europei più efficienti e capaci di controllare le entrate. L’unica notizia positiva, se così si può dire, è anche almeno questa volta l’Italia non è ultima: a far peggio del BelPaese la Grecia, sebbene l’accostamento non sia proprio idilliaco.

L’aspetto più paradosale è tuttavia un altro. Nonostante la gravità del fenomeno, non esistono stime ufficiali dell’evasione fiscale, ma solamente delle osservazioni che puntano a incrociare gli unici dati statistici esistenti. Osservazioni che spesso differiscono di decine di miliardi di euro le une dalle altre, e che contribuiscono a creare foschia in un contesto già di per sé piuttosto nebuloso.

In ogni caso, prendendo per buono quanto affermato dalla Guardia di Finanza, dalla Banca d’Italia e dall’Istat, è possibile stimare efficacemente tra i 100 e i 120 miliardi di euro il volume delle risorse sottratte al fisco: si tenga tuttavia conto che – se tale stima può risultare particolarmente elevata – è altresì probabile che il motivo sia del suo metodo di calcolo, che punta a inglobare non solamente l’evasione fiscale in senso stretto, bensì anche l’elusione illegale.

Per intenderci – sottolineava La Repubblica qualche giorno fa in un impietoso approfondimento, è come se ogni anno venissero sottratte somme superiori al costo degli interessi che lo Stato paga sul debito pubblico, o ancora superiori al monte retribuzioni lorde del personale dello Stato Centrale, e tre volte superiore al bilancio dell’istruzione nazionale.

Una situazione che necessiterebbe di un intervento deciso da parte del governo e che, superata la prima fase di riforme, dovrebbe essere finalmente presa in mano dall’esecutivo.